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Ciao a tutti.
Mi è stata posta una domanda da un cliente e vorrei condividere con voi la risposta.
“È legittimo il licenziamento del lavoratore “sorpreso” a prestare altra attività lavorativa (di qualsiasi tipo) mentre è in malattia?”
Per rispondere a questa domanda occorre innanzitutto capire quale sia la funzione del “periodo di malattia” e della relativa indennità che viene corrisposta in parte dal datore di lavoro e in parte dell’INPS (diciamo così, per semplificare all’osso).
Il lavoratore ha il diritto a ricevere ugualmente il proprio stipendio mentre è in malattia.
Si tratta di un meccanismo di assistenza sociale che ha la finalità di permettere ad una persona il recupero psico-fisico del proprio stato di salute senza compromettere le proprie possibilità economiche.
In tal modo una persona non è costretta a scegliere se curarsi/rimettersi in sesto o se lavorare per sopravvivere.
Se questo è il presupposto, è chiaro che ogni attività compiuta nel corso di questo periodo funzionale al recupero psico-fisico, ove ciò impedisca il recupero stesso, è considerata in contrasto con il sistema di assistenza stesso. Inoltre, poiché il datore di lavoro è interessato al pieno recupero del proprio dipendente (non solo per una questione economica ma anche di pianificazione del lavoro), un tale comportamento è in contrasto, in primis, con i principi di lealtà e correttezza che caratterizzano il rapporto di lavoro stesso e, quindi, può comportare il licenziamento.
Di recente, con l’ordinanza n. 26709 del 1.10.2021, la Suprema Corte ha ribadito il proprio orientamento secondo il quale esistono due ipotesi in cui il lavoratore in malattia che svolga un’altra attività può essere ritenuto gravemente inadempiente agli generali di correttezza e buona fede e agli obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà nei confronti del proprio datore di lavoro rischiando, quindi, il licenziamento.
Vediamoli.
I casi sono:
1) quando l’attività compiuta sia di per sé idonea a far presumente l’inesistenza della malattia.
In altre parole, quando il compimento di una certa attività dimostri palesemente il fatto che il lavoratore sta simulando di essere malato.
2) quando l’attività sia in grado di peggiorare o ritardare la guarigione o il rientro in servizio. Per capire se ciò possa avvenire, la Corte richiede una valutazione ex ante, ossia precedente all’attività, senza che rilevi che il compimento della stessa abbia o non abbia influito sulla malattia. Ciò che conta è il rischio potenziale.
In altre parole bisogna chiedersi prima di compiere tale attività: “il compimento di tale atto è in grado di peggiorare la malattia o ritardare la guarigione o il rientro in servizio, tenuto conto della mansione svolta e della natura della malattia?”.
Se sei un lavoratore:
Se sei un datore di lavoro:
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A presto,
un caro saluto
Mirco Caeran (Avv. Ph.D)
SU DI ME
Mi chiamo Mirco Caeran, sono un avvocato e dottore di ricerca, fondatore dello Studio Legale DMP (Diritto, Mercato, Persona) sito a Montebelluna (TV). Dopo aver conseguito un Dottorato di Ricerca in diritto Civile, assito privati ed aziende che richiedono un sopporto legale nel mondo del lavoro, della contrattualistica e degli affari. Avvocato del lavoro a Montebelluna. Avvocati a Montebelluna. Avvocato del lavoro. Avvocato per lavoro. Studio Legale a Montebelluna. Diritto del Lavoro.