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Ciao a tutti.
Molto spesso mi viene chiesto se lo scarso rendimento di un dipendente possa o meno giustificare il suo licenziamento.
Rispondere a tale domanda è molto importante sia per un lavoratore che per un datore di lavoro: per il primo, infatti, è importante comprendere se il licenziamento a lui comminato (direttamente o indirettamente) per questa ragione possa essere legittimo o meno. Per il secondo, invece, è fondamentale per metterlo al riparo dal compimento di passi “falsi” che possono comportare più problemi di quelli che il licenziamento voleva risolvere.
Ma andiamo con ordine.
Cominciamo dicendo che licenziare per scarso rendimento è possibile.
Tuttavia, esso è circoscritto da alcuni limiti e specifici casi.
Per capire la ragione per la quale è possibile licenziare per scarso rendimento è importante capire che esso rappresenta un inadempimento del lavoratore alla sua obbligazione principale, che è quella di svolgere la prestazione lavorativa.
Per tale ragione, un licenziamento per scarso rendimento è un licenziamento per giustificato motivo soggettivo.
Il punto centrale, quindi, diventa la valutazione della gravità dell’inadempimento, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo.
Un lavoratore, a fronte del pagamento dello stipendio, si obbliga a prestare la propria attività lavorativa a favore del datore di lavoro, assoggettandosi ai suoi ordini.
Nel compiere ciò, è tenuto ad usare una “diligenza qualificata”, ossia quella data dalla “natura della prestazione dovuta”, come recita l’art. 2104 c.c.
La giurisprudenza sostiene che: “il rendimento lavorativo inferiore al minimo contrattuale non integra ex se l’inesatto adempimento (…) dato che, nonostante la previsione di minimi quantitativi, il lavoratore è obbligato ad un facere e non ad un risultato e l’inadeguatezza della prestazione resa può essere imputabile alla stessa organizzazione dell’impresa o, comunque a fattori non
dipendenti dal lavoratore” (Cass. 22 novembre 2016, n. 23735; Cass. 23 marzo 2017, n.
7522).
Per tale ragione, un datore di lavoro che voglia licenziare un dipendente perché ritenga che lo stesso non abbia un rendimento per lui sufficiente non può limitarsi a provare il mancato raggiungimento di un risultato atteso (chiamato obiettivo minimo di produzione) e il fatto che tale obiettivo era stato richiesto.
Infatti, il datore di lavoro è chiamato a dimostrare che l’inadempimento è particolarmente grave.
La valutazione della gravità, che deve essere dimostrata, è data da una valutazione complessa che tiene in considerazione diversi fattori:
– il grado di diligenza richiesto al lavoratore,
– quello usato dal lavoratore
– l’esclusione di altri fattori che potrebbero aver inciso negativamente sul raggiungimento del risultato (come ad esempio l’organizzazione dell’impresa, i fattori socio-ambientali, etc…)
Questa è stato, ad esempio, il ragionamento compiuto dai Giudici nella sentenza Cass. 10 novembre 2017, n. 26676).
Scarso rendimento è sinonimo di negligenza del lavoratore.
Perché sia legittimo, un licenziamento comminato per scarso rendimento dovrà essere sostenuto da parte del datore di lavoro da due elementi:
1) essere fondato su elementi di carattere oggettivo.
Deve esistere una sproporzione tra obiettivi assegnati e risultati ottenuti.
Tutto ciò, inoltre, non deve essere una valutazione in astratto.
È necessario confrontare il rendimento del dipendente licenziato con quello di altri dipendenti con analoghe mansioni.
2) la sproporzione tra i risultati attesi e quelli conseguiti deve essere imputabile al lavoratore.
Deve essere frutto di un colpevole e negligente inadempimento degli obblighi contrattuali gravanti sul lavoratore e non, invece, causato dall’organizzazione del lavoro o da altri fattori (Cass. 19
settembre 2016, n. 18317; Cass. 26 aprile 2016, n. 8249; Trib. Roma 12 marzo
2018, n. 1885; Trib. Milano 30 maggio 2016).
Per i giudici, lo scarso rendimento non può essere dimostrato solamente attraverso l’esistenza di plurimi precedenti disciplinati del lavoratore già sanzionati in passato.
Una medesima condotta, infatti, non può essere sanzionata due volte.
Per cui, se per una certa condotta il lavoratore è già stato sanzionato, allora non potrà ricevere un’ulteriore sanzione, ossia quella del licenziamento.
I precedenti disciplinari, invece, possono essere assunti come elementi per dimostrare come tutti quei precedenti abbiano, nel loro complesso, avuto un’incidenza sull’organizzazione del lavoro e sull’attività complessiva dell’impresa.
(In questo modo si prendono in considerazione non i singoli episodi, ma un atteggiamento complessivo del lavoratore che ha avuto un impatto specifico proprio sull’impresa).
Va precisato che trattandosi di licenziamento disciplinare va seguita la procedura prevista dalla legge.
Il datore di lavoro dovrà intimare lo stesso nel rispetto della procedura prevista dall’art. 7 l. 300/1970, e quindi previa specifica e dettagliata contestazione per iscritto dell’addebito, con concessione di un termine di difesa e valutazione delle eventuali giustificazioni del lavoratore.
Solo all’esito di ciò sarà possibile comunicare per iscritto il licenziamento.
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Mirco Caeran (Avv. Ph.D)
SU DI ME
Mi chiamo Mirco Caeran, sono un avvocato e dottore di ricerca, fondatore dello Studio Legale DMP (Diritto, Mercato, Persona) sito a Montebelluna (TV). Dopo aver conseguito un Dottorato di Ricerca in diritto Civile, assito privati ed aziende che richiedono un sopporto legale nel mondo del lavoro, della contrattualistica e degli affari. Avvocato del lavoro a Montebelluna. Avvocati a Montebelluna. Avvocato del lavoro. Avvocato per lavoro. Studio Legale a Montebelluna. Diritto del Lavoro.